Zak McKracken and the Alien Mindbenders

Prendete il timido giornalista di una nota rivista scandalistica (il National Inquisitor), una ragazza di nome Annie che compare nei suoi sogni, le sue due amiche Leslie e Melissa, una strana storia di alieni che vogliono rendere il genere umano “stupido”, e sarete al cospetto di Zak McKracken, per gli amici e aficionados, Zak.

Detto così sembra il massimo della banalità, ma in verità Zak è uno di quei giochi che difficilmente si possono dimenticare, almeno per un uomo retro “vero” come me, che con il Commodore ci faceva anche la doccia.

Zak, il nostro protagonista, è un timido, impacciato, scocciato e quasi delirante onesto cittadino di San Francisco, che una notte, nella sua casa, fa un sogno pazzesco ed incredibile: dopo che il suo capo gli ordina di andare a cercare uno scoiattolo a due teste e di scriverci un articolo, il nostro eroe vede in sogno cose fuori dal mondo: Marte, alieni che lo inseguono, strane maschere a forma di cappello da cowboy e occhiali con baffi, e lei, Annie, la ragazza dei suoi sogni. Si perché Zak ancora non sa che Annie sarà la chiave per risolvere l’enigma degli alieni. I famosi Mindbenders del titolo, alieni spilungoni e un po’ strani travestiti da carnevale, che preso possesso della compagnia telefonica locale, hanno messo in funzione una macchina per rendere stupidi gli esseri umani. Al nostro eroe, insieme alle sue amiche, il compito di impedire tale tragedia.

La genialità del gioco, ad opera della allora “Lucasfilm Games”, stava nel sistema di controllo, il famoso SCUMM (script creation utility for maniac mansion), che tramite l’utilizzo del joystick permetteva di far interagire i personaggi con gli oggetti, l’ambiente, di “fargli fare” qualsiasi cosa all’interno del gioco (il famoso punta e clicca). Ereditato dal primo successo della Lucas, Maniac Mansion, questo sistema era oltremodo innovativo. Si selezionava l’oggetto e l’azione da fargli fare, e tac!! Impensabile per il 1988!!! Una vera e propria rivoluzione per quei giochi dagli schemi ormai superati. Questa era l’era delle avventure grafiche.

Ma Zak non era solo questo. La Lucas cercò di dare, nuovamente, un tono esilarante al suo prodotto. E non si poteva chiedere di meglio. Ad ogni nuovo caricamento ci si trovava di fronte a un personaggio strano (es l’Hare Krishna), ad un’azione così stupida da fare che era impossibile non farla (come svuotare il pesce, anzi il “sushi nella boccia” nel lavandino, con la frase di Zak “ciao ciao sushi”). E il delirio continua per tutto il gioco. Bello da giocare ma anche spassoso. E anche incredibilmente complicato. Si perché gli enigmi, man mano che si procede, cominciano ad essere realmente complicati, e tutti gli oggetti in proprio possesso diventano talmente tanti che bisogna tenerli a mente, o scriverli!

Ammetto che all’epoca usai la soluzione. Non ero un game-solver o uno di quelli che stava i pomeriggi o le notti attaccato alla TV. Preferivo giocare all’aperto. Ma devo dire che ripensandoci, e rivedendo ora il longplay del gioco, insomma quasi tre ore del 1988 erano tanto tanto tempo. E fortunatamente la Lucas introdusse il salvataggio dei dati, altra cosa quasi impensabile per l’epoca. Insomma un gioco che per gameplay e realizzazione non ha nulla a che invidiare a tanti titoli blasonati di adesso.

In Zak devo dire che le trovate sono quantomeno geniali in molti casi, e bisognava avere una mente sopraffina per risolvere gli enigmi. Cito ad esempio l’uso del Kazoo per svegliare l’autista del bus sotto casa di Zak. Chi oggi ci avrebbe pensato? Oppure, preso direttamente da Maniac Mansion, la tanica di benzina per motoseghe, dove però la motosega è nell’altro gioco, quindi inutilizzabile. Ora mi chiedo, quanti ti noi/voi hanno cercato invano la benzina per tutto il gioco?

L’interazione dei 4 personaggi è la ciliegina sulla torta. Certo Zak porta avanti il gioco per circa il 90% del tempo, ma alla fine è solo il gioco di squadra (così come in Maniac Mansion) che permette di risolvere tutti gli enigmi e portare avanti la missione. E al contrario di “Mansion”, dove era possibile risolvere il gioco con diverse combinazioni dei personaggi, in Zak se un personaggio muore, diventa praticamente impossibile andare avanti. E non bastano i soldi sulla carta di credito o le gesta esilaranti del personaggio per racimolare qualche soldo, tocca ricominciare tutto da capo.

E per alzare l’asticella alla Lucas inserirono un sistema di codici cifrati (cartacei) che permettevano, ad esempio, di spostarsi da un continente all’altro quando si utilizzava l’aereo. Quindi potevi copiare il gioco, ma non finirlo. Meno male che già al tempo esistevano gli Hacker (ahahhaha).

Uno stralcio del contenuto della confezione C64 italiana: la prima pagina dei codici utili a viaggiare nel gioco, e la copertina del “National Inquisitor”, la rivista per cui lavora Zak.

Come ultima nota segnalo uno dei pesci d’Aprile dell’universo, per chi se lo ricorda. La nota rivista Zzap, a suo tempo recensì un presunto seguito, noto come “The Mindbenders are back” dandogli un bel 98%. Ma in realtà Zak non ha mai avuto, purtroppo, un seguito.

Parlo infine del lato “tecnico” del gioco. Non era miracoloso in termini di grafica e sono, ma la giocabilità e la longevità ne hanno fatto un must per la generazione degli 80’s e di noi masticatori di Commodore 64. Semplicemente superlativo.

La spettacolare recensione della rivista Zzap.

Il mitico fake (forse uno dei primi della storia videoludica)…la recensione di un gioco che non ha mai visto la luce, se non tra le pagine della rivista. Il pesce d’Aprile del secolo!

Di seguito alcuni link utili: il gameplay, la bellissima intro, e per finire una bellissima pagina con il contenuto della scatola (in italiano)

http://www.oldgamesitalia.net/museo/lucasarts/zak_mckracken


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Zak McKracken and the Alien Mindbenders
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