Ah, guidare una locomotiva a vapore negli anni ’80… un’esperienza che stava già a metà tra il mestiere eroico e l’archeologia vivente. Ormai le locomotive a vapore erano come i dinosauri in pensione: poche, lente, fumose e ostinate come un mulo con mal di denti. Ma chi le guidava… beh, quelli sì che erano personaggi! Immagina di salire su un gigantesco pentolone di ghisa bollente, pieno di leve, valvole, fischietti e cose che fanno PSSSHHHH! a caso, senza avvertire. La cabina? Un misto tra una sauna finlandese, un’officina meccanica e il salotto della nonna, solo molto più sporco e molto meno accogliente. Il macchinista degli anni ’80 era un tipo tosto. Uno con le mani nere come la coscienza di un politico e i baffi sempre impolverati di carbone. Si svegliava all’alba, dava una carezza alla caldaia chiamandola “la mia ragazza” e saliva a bordo con lo stesso rispetto con cui un cow-boy sale sul suo cavallo. Ma invece del cavallo aveva 100 tonnellate di ferraglia urlante da domare.


E il fuochista? L’umile eroe dimenticato! Era il tizio che, mentre tu ti lamentavi perché avevi perso il treno, passava ore a spalare carbone dentro una fornace ardente, come un apprendista di Mefistofele con la sciatica. Il suo compito: tenere viva la fiamma. Il suo premio: sudore, fuliggine, e forse un caffè. Poi arrivava il momento clou: la partenza. Dopo aver girato leve, soffiato fischietti e lanciato sguardi preoccupati alla pressione, il treno finalmente si muoveva con un gran respiro… CIUFF CIUFF WOOOOO!!! E allora il macchinista si sporgeva fiero dal finestrino, con l’aria di chi ha appena domato un drago. Certo, la guida non era proprio automatizzata… più che guidare, era una danza costante tra pressione della caldaia, velocità, frenate al momento giusto e preghiere al dio del vapore. Se sbagliavi qualcosa, non era il GPS a dirtelo, ma il fumo nero, il fischio disperato della locomotiva o il fatto che il treno deragliava. Insomma, guidare una locomotiva a vapore negli anni ’80 era come portare in giro una divinità pagana vecchia e scorbutica… ma che quando andava, faceva tremare la terra e battere il cuore. E poi diciamocelo: volevi mettere il fascino di uscire dalla nebbia con un CIUFF CIUFF, mentre tutti ti guardavano come un eroe del passato?
E mentre nella realtà quei giganti di metallo stavano scomparendo, qualcuno decise di conservarne lo spirito… dentro a un Commodore 64.

Evening Star / Southern Belle per Commodore 64
E’ uno di quei giochi che, nel 1985, grazie alla software house Hewson Consultants e al geniale sviluppatore Mike Male, decisero che salvare il mondo era sopravvalutato. Il vero eroe? Un macchinista col cappello giusto. Un capolavoro dimenticato (ma non troppo) per Commodore 64, pensato per chi, nel pieno degli anni ’80, non voleva saltare su funghi o sparare laser, ma mettersi ai comandi di un treno a vapore, completo di leva del freno, pressione del vapore e tabella oraria da rispettare. Southern Belle (1985) e il suo “sequel spirituale” Evening Star portano il giocatore lungo due storiche tratte ferroviarie britanniche: da Londra a Brighton e da Bath a Bournemouth, rispettivamente. Niente principesse da salvare, solo la tua dignità di macchinista.



Originariamente pubblicati come due titoli separati (con Southern Belle nel 1985 e Evening Star poco dopo), questi simulatori ferroviari ti mettono ai comandi di locomotive inglesi leggendarie come la King Arthur Class e la celebre Evening Star, l’ultima locomotiva a vapore costruita per le ferrovie britanniche. Il tuo compito? Portare il treno a destinazione senza mandare a fuoco la caldaia, far deragliare tutto o provocare un ammutinamento dei passeggeri.



Con una grafica 3D a scorrimento (rudimentale, ma innovativa per l’epoca), un HUD pieno di leve e strumenti, e una fisica di gioco sorprendentemente realistica, il titolo si rivolgeva a chi preferiva la precisione all’azione. Le animazioni erano essenziali, lo sfondo ripetitivo, i colori limitati. Ma nulla poteva battere l’ebbrezza di un’accelerazione gestita col giusto vapore e un arrivo in stazione con appena due minuti di ritardo. Parte del fascino stava nei dettagli tecnici: pressione della caldaia, pendenze della tratta, freni a vuoto, e perfino una valutazione finale che ti diceva se te la cavavi meglio di un vero macchinista britannico. Niente musica epica, niente boss finali. Solo una concentrazione zen da pendolare professionista. Oggi è un cult tra i retrogamer ferroviari (esistono, eccome!) e una piccola perla da riscoprire, perché a volte la vera avventura è mantenere i 90 km/h su una salita senza far saltare i bulloni al povero Commodore.

Un gioco unico, impegnativo, lento (nel senso migliore del termine) e affascinante, che oggi si gusta come un tè caldo davanti a una finestra appannata, con il suono ritmico del treno che sbuffa in sottofondo. Perfetto da riscoprire su emulatore, magari con una tazza di Earl Grey a portata di mano. 🙂

RL
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